Attilio Romagnoli fu rastrellato a Bologna dai tedeschi alla fine di giugno del 1944 e deportato al lager Mittelbau-Dora, dove si sperimentava e si costruiva l'arma più segreta di Hitler, la V-2. In un modo per noi difficilmente comprensibile è sopravvissuto anche grazie alla scrittura clandestina di un diario che racconta, prima di tutto a se stesso, ciò che lui e i suoi compagni hanno sofferto nel lager e durante il lungo viaggio di ritorno. Il figlio Archimede ha trovato tale documento solo dopo la morte del padre. Ma chi era Attilio? Era un funzionario statale, non un politico, non un partigiano, non inquadrabile in nessuna delle categorie definite dai nazisti. Tuttavia, dopo aver aiutato degli antifascisti, decise di rinunciare al suo incarico di segretario comunale per non dover obbedire ai tedeschi. Per questo fu catturato. Ed è proprio nella capacità dell'autore di registrare ciò che accadeva in lui e intorno a lui senza perdere fiducia nell'umanità che risiede l'eccezionale testimonianza di questo diario. Il male del campo di concentramento, lasciato emergere da uno sfondo quotidiano ancora attraversato da molti residui di "normalità", risalta così con forza maggiore. Un luogo atroce, nel quale non è possibile neppure prendersi cura del prossimo, se non a rischio della vita.