Il fisico Carlo Matteucci fu a lungo quello che oggi si direbbe un precario della ricerca. I suoi più fecondi lavori scientifici, che lo avrebbero portato a una delle scoperte più importanti dell'Ottocento - l'esistenza dell'elettricità animale - erano cominciati in privato: proprio come molti dei nostri cervelli in fuga, infatti, pur essendo acclamato dai maggiori scienziati europei, il giovane era negletto in patria. Una patria ancora tutta da inventare e da costruire, che però a lui premeva tantissimo. Dopo la nomina a professore presso l'Università di Pisa, Matteucci fu tra gli intellettuali liberal-moderati più attivi del Risorgimento: partecipò alla prima guerra di Indipendenza con il Battaglione universitario degli studenti pisani, svolse un'intensa attività diplomatica perii Granducato di Toscana, divenne senatore del Regno. Fu soprattutto un pensatore libero e scomodo: da scienziato cattolico giunse a definire "insostenibile" il potere temporale della Chiesa; da ministro del Regno - uno dei rari di estrazione scientifica - tentò la prima, spregiudicata riforma dell'università, in barba agli interessi dei suoi stessi colleghi professori. Leggendo la sua biografia nelle belle pagine di Fabio Toscano, ci sentiamo scivolare via dal nostro presente traballante, verso i tempi in cui o si faceva l'Italia o si moriva. Per farla, menti lucide e capaci come quella del fisico Matteucci tesero sulle italiche contraddizioni una coperta che oggi non sappiamo più allungare.