Fin dall'Unificazione le strategie dello Stato Italiano per combattere la mafia hanno oscillato tra il "convivere" e la messa in campo di "azioni di guerra", mirate a combattere Cosa Nostra e a estirpare la cultura mafiosa diffusa in vaste aree del Mezzogiorno d'Italia. Al di là delle due condizioni estreme, si è determinata, spesso, una zona grigia nella quale si esprimeva l'intensità dello "scambio" tra mafia, società e politica. Oggi si parla sempre più insistentemente della possibilità che, agli inizi degli anni novanta e nel pieno di una "guerra" contro la mafia, vi sarebbero stati tentativi di una vera e propria "trattativa" tra rappresentanti dello Stato e la mafia. E il tema dei rapporti tra Stato e mafia è diventato, alla luce delle inchieste della Magistratura, di nuova stringente attualità. Con il suo libro, Vincenzo Scotti, che è stato uno dei protagonisti della politica italiana nella stagione segnata dalle stragi di mafia, cerca di far comprendere quello che ha conosciuto e ha fatto nell'esercizio delle proprie responsabilità, interpretando, in modo rigoroso, i fatti accaduti attraverso documenti, analisi e valutazioni riferite a quel preciso periodo storico. Si confrontano, oggi, due possibili letture: quella giudiziaria e quella storico-politica. Il libro di Vincenzo Scotti, lasciando alle indagini dei giudici la responsabilità della prima, affronta la lettura storico-politica e il conseguente giudizio sul comportamento delle Istituzioni e della politica.