"Se osserviamo l'amnesia da un punto di vista letterario si può con certa chiarezza affermare che si tratti di un tema contemporaneo, da considerare diversamente rispetto al classico topos dell'oblio, in quanto la momentanea perdita di memoria, durevole per lassi di tempo più o meno lunghi, ha sortito un certo effetto lungo tutto il Novecento e in particolare a partire dal primo conflitto mondiale. Eppure "Parole smarrite" pone una questione un po' diversa, perché alla base non ci sta solamente lo smarrimento del ricordo, ma una vera e propria operazione di creare e ricrearsi, di perdersi e trovarsi e, nel caso specifico, del recupero della parola perduta come procedimento salvifico. La parola in sé potrebbe sembrare avere un valore relativo, invece non è affatto così. Recuperare un lemma, anche quotidiano, un luogo, un'azione, anche tra i più semplici e immediati, prevede una riappropriazione del proprio Io e un ritorno alla conoscenza di se stessi e dell'altro. La poetessa scrive di questo "mancamento", della fluttuazione del pensiero, della nebbia che compare e poi scompare gradualmente concedendo forme, colori e nomi vecchi che sembrano nuovi". (Giuseppe Manitta)