Nel 1939, alle soglie di una nuova guerra, Gertrude Stein decide di rendere omaggio al paese in cui "vive veramente" ormai da trentasei anni. Nasce così Paris France, che non è soltanto il ritratto di un'ideale patria adottiva o di una città unica ("luogo fatto per quelli di noi che dovevano creare l'arte e la letteratura del ventesimo secolo") ma anche un intenso excursus attraverso la quotidianità, la storia, il carattere di un popolo e di una nazione. Opera della maturità, in cui la Stein perfeziona il suo stile sperimentale con un'adesione totale al linguaggio parlato, il libro "chiacchiera" di tutto: gatti, donne, bambini, mode, cibi, destini del mondo, conflitti imminenti si alternano sul filo di aneddoti e ricordi, tra elogi riconoscenti e notazioni impertinenti, mentre "Gertrude - come osservò Fernanda Pivano - si diverte a fare insieme l'enfant terrible e l'enfant gâté", dipingendo, con un "tono fra il paradossale e il pettegolo", il suo caleidoscopico, squisito affresco della Francia e dei francesi.