Nell'opera di Palazzeschi, il soggetto non è mai solo con se stesso: anche quando è lontano dalla presenza fisica degli altri, egli "è" per gli altri, visto dagli altri, giudicato dagli altri e, in definitiva, altro da sé. Sono gli altri insomma che, spingendolo ad essere qualcosa di determinato, a recitare una parte, lo fanno non soltanto "diventare", ma addirittura esistere! Dalle prime poesie di Cavalli bianchi fino alle prose più mature, il soggetto (o il personaggio) palazzeschiano esiste, si preserva, si impone o viene sconfitto in funzione del posto che occupa rispetto all'alterità. La poetica del "cospetto" rinvia a questa relazione fondamentale: dietro ad ogni singola posa di Palazzeschi, poeta o narratore, si nasconde l'urgenza di una verifica del sé entro uno schema che, teatralizzando il rapporto con gli altri, offre alla sensibilità dell'io il modello di una socialità altrimenti minacciosa. Costruita intorno al ripetuto confronto tra le figure dell'io e le figure dell'altro, l'opera di Palazzeschi si definisce così essenzialmente come arte della relazione e del riflesso, imponendosi come una delle più correlanti e disindividuatizzanti della letteratura italiana del Novecento.