"Scritto intorno al 1918 - ai tempi dei contatti più intensi nella Londra bellica di Pound con Eliot, Joyce, Wyndham Lewis, Yeats, Lawrence - "Omaggio a Sesto Properzio" nasce come una rilettura didattica che coglie nel poeta latino «un elemento di ironia sfuggito agli specialisti» (Eliot), ma diviene ben presto un generoso e bonario autoritratto dell'artista moderno. Indossando la maschera di Properzio, Pound canta la propria passione per la poesia e le sue fonti segrete: gli autori dimenticati del passato, l'amore intensamente fisico della donna, il senso panico della natura e della morte, il gusto degli intrecci culturali della capitale (Roma o Londra). Alla stupidità criminosa della grande guerra, denunciata nello stesso tempo da autori come Kraus, Pound oppone l'edonismo visionario di Properzio, che si schermisce dall'unirsi al coro dei poeti patriottici dicendosi inferiore al compito. I miti della romanità cari ai potenti sono da lui evocati in modo straniato, favole assurde in cui cogliere qua e là qualche bel nome esotico. A lui si addice solo un pubblico di giovinette in attesa di un incontro amoroso, e la poesia sarà non tirata retorica bensì «qualcosa da leggere in circostanze normali». Una poesia di tono basso, ironico, con improvvise impennate, e una musicalità inesauribile. Con questi mezzi sofisticati Pound, nel momento forse più felice e presago della sua carriera, compone un poema assolutamente personale, attuale oggi come nel 1919, sul rapporto dell'uomo con il potere, l'eros, la morte. L'ironia, corda pressoché inedita nella poesia di lingua inglese, si unisce alla decostruzione e al rinnovamento delle forme: una libera sequenza di dodici componimenti in cui l'artista canta le sue gioie e i suoi dolori, la sua esacerbata sensibilità." (Massimo Bacigalupo)