L'avversione radicale dei Romani per l'ordinamento monarchico in ogni sua forma, come eredità indelebile della cacciata dei Tarquini, è un topos ricorrente nelle fonti antiche ed è stato a lungo accolto come un dato di fatto indiscusso anche nella riflessione storica moderna. Non sono mancati, tuttavia, tentativi di storicizzare questo sentimento, ricostruendone in modo meno schematico e apodittico la nascita e l'evoluzione. In questa ottica si è per lo più sostenuto che il concetto di "odium regni" si sia affermato solo a partire dagli ultimi decenni del II sec. a.C., in relazione con la lotta politica e i contrasti ideologici legati via via a figure controverse come i Gracchi, Silla e Cesare. Federico Russo propone ora, con una serie di analisi puntuali e convincenti, di anticipare questa genesi alla fine del III o agli inizi del II sec. a.C. e collegarla ai contrasti intorno a uomini politici come C. Flaminio, Q. Fabio Massimo e Scipione Africano, mettendo al contempo in luce anche l'uso pragmatico e spregiudicato che i Romani fecero della distinzione greca tra re e tiranno nelle relazioni col mondo greco nell'età delle guerre in Oriente. L'opera si articola in otto saggi, strettamente connessi l'uno con l'altro secondo un disegno limpido e organico, che ha il pregio di essere sempre basato su un'analisi approfondita e rigorosa di tutte le fonti disponibili.