Il ritiro delle truppe americane da Kabul rappresenta il momentaneo epilogo della Guerra al Terrore cominciata con gli attentati dell'11 settembre. Quel giorno, insieme alle Torri Gemelle, crollarono le certezze di milioni di persone. Pochi mesi dopo Valeria Castellani ruppe gli indugi e partì alla volta dell'Afghanistan per collaborare con una ONG. Per lei arrivare a Kandahar significò varcare il confine tra il mondo libero e quello governato dalla sharia, ovvero la legge islamica perseguita dai talebani: un combinato disposto di povertà, fanatismo e diritti negati che costituisce il terreno ideale in cui gettare il seme dell'odio nei confronti degli "infedeli" occidentali. Di donne schiacciate dal peso di burqa e pregiudizi Valeria ne aiutò tante, ma dopo aver conosciuto l'ipocrisia di certe organizzazioni umanitarie capì che aveva bisogno di esperienze più concrete. L'incontro con Paolo Simeone le chiarì ulteriormente le idee: dopo un'esperienza in Angola andarono in Iraq e fu proprio a Bassora che Valeria decise di compiere un altro importante passo: diventare contractor e occuparsi della sicurezza di civili per conto del dipartimento della Difesa degli Stati Uniti d'America. Imbracciare un'arma, vivere ogni giorno mettendo in conto che poteva essere l'ultimo e respirare l'odore acre della guerra: furono anni in prima linea, durante i quali Valeria lavorò con Fabrizio Quattrocchi che, urlando in faccia ai suoi carnefici "Vi faccio vedere come muore un italiano", dimostrò il valore di professionisti che non meritavano di essere definiti con disprezzo - e in maniera del tutto inappropriata - mercenari.