Che ne è di un feto dopo l'aborto? Ci siamo mai posti questa domanda? Non prima del 2020, anno in cui due donne di Roma trovano delle croci di alluminio con il loro nome e cognome e lo denunciano sui social. Questo libro-inchiesta riparte da quelle croci del cimitero Flaminio, dove le tombe vanno indietro di decenni e sono migliaia: una norma di cui nessuno sembrava a conoscenza obbligava (e obbliga tuttora) a seppellire i «prodotti abortivi» oltre i cinque mesi di gravidanza. La rivelazione e la rabbia delle donne di Roma fa emergere la realtà dei cimiteri di feti in decine di città, con nuove denunce. Barbati la ricostruisce attraverso documenti e testimonianze dirette: ne emerge una storia collettiva, in cui agiscono attiviste contrarie e favorevoli all'aborto, avvocati in cerca di giustizia, ginecologhe in lotta per i diritti, funzionari sanitari e impiegati cimiteriali, medici obiettori e politici conservatori. Su tutte, la domanda più scabrosa: di chi sono questi feti? E chi dovrebbe decidere per loro? Il singolo o la società?