Ogni casa – sosteneva Mario Praz – è un “museo dell’anima”, un “archivio di esperienze”, e non semplicemente uno
spazio dell’abitare. Ma come fotografare una casa carica di memorie stratificate? Come portare alla luce la storia
racchiusa nelle cose, negli oggetti, nelle tracce rimaste in un’abitazione ormai deserta?
Nel segreto di una casa (2024) è l’ultimo lavoro di Alessandro Vicario che chiude la trilogia dei Frammenti domestici
(2004-2024) portando l’autore a confrontarsi con dei luoghi a lui sconosciuti, mentre precedentemente si era misurato
dapprima con la casa della nonna paterna (Frammenti domestici tra memoria e oblio, 1999-2001) e successivamente
con quella della grande scrittrice Lalla Romano (Paesaggi d'assenza. Sulle tracce di Lalla Romano, 2004), che era solito
frequentare.
L’autore, superato un primo disorientamento dovuto all’estraneità dei luoghi, inizia a entrare in sintonia con quelle
stanze prive per lui di legami affettivi, coglie la dimensione universale di quelle tracce di vita vissuta e senza indulgere
in facili sentimentalismi inizia a fotografare dettagli dell’ambiente e dell’arredamento in dimensione reale (1:1).
Talvolta i soggetti non sono riconoscibili altre volte lo sono ma è proprio questa apparente freddezza della
riproduzione fotografica a rendere universali, trasfigurandoli, i segni di quelle vite lontane.
Come scrive Gigliola Foschi nel testo critico: questo “avvicinarsi” di Vicario, nell’accogliere gli oggetti della casa in
modo frontale, intimo e al contempo oggettivo, suscita un senso di mistero. Isolati dal contesto in cui si trovano, gli
elementi che egli fotografa vengono, per così dire, trasportati fuori dal continuum della realtà, in un tempo sospeso,
anacronistico.