Quale era, in Iran, il grido di libertà che danzava al vento insieme ai capelli di Masha Amini? E, al largo della Turchia, non risuona ancora il respiro della nuotatrice siriana Yusra Mardini? Luana D'Orazio, 19 anni, ha smesso di respirare, ma non per colpa del mare. Come lei, anche Luciana Romoli, a Roma, faceva l'operaia: quando le camicie nere vollero allungare le loro mani sulla città seppe bene da che parte stare. Ilary Swank, da parte sua, era solo una bambina di fronte a una roulotte, nel Nebraska. Ma aveva un sogno. Come Safi Frozan, in Afghanistan. O Paola Egonu, a Cittadella: a cui si è chiesto di nascere tre volte per affermare una cosa ovvia come il fatto di essere italiana. Franca Rame, seviziata e stuprata per ore, nel 1973 a Milano, continuò a ridicolizzare fascisti e sfruttatori per tutta la vita. E così, nella cella in cui è rinchiusa, non smette di fare Nudem Durak: "colpevole" di fare musica usando la sua lingua, il curdo... Sono solo alcune delle storie vissute dalle donne sulla propria pelle e raccontate da Cecilia Lavatore in "Mia sorella è figlia unica". Dedicate a «un mondo che non ci merita ma ci spetta, come un diritto, come un dovere, come una fatalità».