Il saggio prende le mosse dalla constatazione che faceva Arnaldo Momigliano e cioè che le tracce della nostra storia nei monumenti, nel paesaggio sono così imponenti da incuriosirci e obbligarci a studiare il passato per capire una parte importante di noi stessi, soprattutto in un'epoca in cui il modello culturale occidentale, quello che affonda le sue radici nel mondo classico, pare sospinto verso una marginalità che si frantuma nell'impatto con altre culture ansiose di emergere. Comprendiamo così come le rovine conservino da un lato l'immagine di "memento mori", allusione romantica alla transitorietà di ogni opera umana, al passaggio inesorabile del tempo, al declino delle civiltà, al disfacimento delle culture, profezia di un destino possibile perché non c'è requie alla distruzione; dall'altro esse costituiscono fortunatamente il simbolo della caparbia resistenza degli esseri umani di fronte alle sciagure peggiori e serbano il carattere distintivo e inalienabile della nostra identità culturale. Accompagna il testo colto un ricercato album iconografico che alla rappresentazione più classica delle rovine nelle vedute di ieri accosta i più diversi esperimenti di recupero materiale e concettuale dell'oggi.