Il feticismo è concetto - storico, coloniale, eurocentrico - nato dagli esploratori portoghesi per classificare alcuni oggetti che le popolazioni africane, definite "selvagge" e "idolatre", consideravano sacri. Il feticismo è stato poi divulgato dagli illuministi, ripensato nelle prospettive marxiste (feticismo delle merci), freudiane (perversione dei corpi), fino al senso comune (porno degli occhi). Per Canevacci bisogna andare oltre questa matrice colonialista per liberare le potenzialità immanenti a questo concetto che, paradossalmente, le culture digitali da tempo stanno utilizzando: arti, mode, corpi, design, cinema, pubblicità, bambole, performance, letterature, filosofie sono qui affrontate dallo sguardo etnografico. L'idea del meta-feticismo mira a liberare questo oltre, che le varie forme del potere classificatorio - coloniale, reificato, perverso, comune - continuano a riprodurre. Secondo l'autore, è quantomeno insufficiente l'idea filosofica classica di illuminare con la forza della ragione la "natura del feticismo" per dissolvere tutte le alienazioni. Da qui la scelta di un'antropologia non antropocentrica che mira a liberare il feticismo dalle sue incrostazioni regressive e a individuarne le potenzialità affermative oltre i dualismi oggetto/soggetto, natura/cultura, materiale/immateriale, corpo/ tecnologia, sacro/religione.