Metà donna e metà ape dalla vita in giù, Melitta è negli antichi miti nome di ninfe e di figure femminili. Simbolo di fertilità e di immortalità, intimamente connessa con l'anima, legata alla terra e alle sue insondabili profondità l'ape è anche un ponte con l'oltretomba. Rech non scrive un trattato di apicoltura. Sospeso sulla soglia di un alveare, lo sguardo puro e concentrato del poeta si posa sulla natura, esplora l'intelligenza delle api sui molti piani che la complessità della loro lingua gli consente, ascolta e parla con loro. Libro di apparizioni e metamorfosi, riflessione sulla eternità della memoria e della poesia, qui l'ape anche s'indonna, è «ragazza generosa», capace di dolcezze e di furie spiritate. «Melitta insieme succia e dà tormento / molce e minaccia. E non è abisso lieve». Come il poeta, ha voglia «di nominare il mondo e ogni sua gramma / voglia di fare». Ragazza di strada, ma anche Regina apium, è naturale identificarla con la divinità stessa. E Melitta ci risponde e ci conforta.