L'assassinio di Gennaro Cuocolo, basista della camorra, e della moglie Maria Cutinelli, ex prostituta, uccisi a colpi di coltello nella notte del 5 giugno del 1906, si prefigurò da subito come un clamoroso fatto di cronaca nera, rorido di vaste implicazioni politiche, sociali e giornalistiche che sarebbero piaciute a Maupassant, In quegli anni gli scandali e l'esplosione di inarrestabili tangentopoli amministrative avevano scosso l'opinione pubblica e incoraggiato un'azione repressiva. Luigi Compagnone ricostruisce l'incredibile storia del maxiprocesso di Viterbo (1911-12), le indagini che lo precedettero e l'azione investigativa del capitano dei carabinieri Fabroni, infaticabile costruttore di prove false a danno di capi, gregari e manutengoli dell'onorata società, da Errico Alfano (Erricene) al prete don Ciro Vittozzi. "Mater Camorra" è un esemplare modello di pamphlet di stampo illuministico, permeato da una coscienza civile riconducibile ad alcuni memorabili libri-inchiesta di Sciascia, ma anche di rovente, satirica requisitoria sul costume italiano e su quella specificità tutta napoletana di vivere la tragedia come spettacolo teatrale o eterno carnevale. Contro l'assurdità e l'irrealtà delle cose del mondo, Compagnone combatte con lo sguardo blasfemo e irriguardoso di un polemista settecentesco; la sua sulfurea scrittura allegorica giunge alla drammatica rappresentazione di una città disperatamente condannata alla non-storia.