Messina, secolo XVI. Due cortine della difesa urbana ereditate dal medioevo subiscono radicali trasformazioni. Il confronto tra questi confini - differenti sia nella natura dei luoghi, di mare e di terra, sia nell'artificio costruttivo che ne aveva assecondato le dialettiche - è dominato dal perpetuarsi dell'oblio, anche se in presenza di importanti eventi architettonici, come le Palazzate. Il Mare di città che muove questo saggio meticoloso quanto necessario per la comprensione stessa della storia di Messina e della sua metamorfosi contemporanea, non è la semplice inversione della definizione identitaria «città di mare», è piuttosto il racconto e l'accurata ricostruzione di quei processi di trasformazione urbana accaduti sulla terraferma ma di fatto originati dal mare, dal suo esserci stato come protagonista sin dall'esordio insediativo. Questo mare di città, e la terraferma che lo delimita come un singolare atollo, racchiude la peculiarità delle vicende che caratterizzano Messina rispetto ad altre città portuali del Mediterraneo, il suo complesso rapporto con la memoria. Racconta come la visibile aurora del nuovo muore nella invisibilità del tramonto.