L'indipendenza italiana, l'annessione cioè al regno di Sardegna dei singoli Stati della penisola e la conseguente trasformazione in nazione unitaria, questo grande rivolgimento politico avvenuto in brevissimo spazio di anni, inaspettato nella sua rapidità per gli stessi protagonisti, comportò una serie immensa di problemi. Problemi anzitutto di contrasti interni, ardui da risolvere fin dai primissimi passi, e alcuni di essi impellenti al punto da far considerare instabile e talora addirittura caduca la raggiunta unità. Emersero in quel tempo a guidare l'Italia uomini politici capaci, probi, fermissimi nei loro propositi, i quali, sull'impronta lasciata da Camillo Benso di Cavour, seppero con disperata energia condurre in porto la nave, tanto insicura ancora e così incerta nel suo percorso. Spiccò tra essi, rilevante figura, il bolognese Marco Minghetti. Due volte presidente del Consiglio e capo della Destra storica, si rivelò guida inflessibile, insieme con Quintino Sella, sulla via per raggiungere il pareggio nel bilancio dello Stato. Si impose in quei primi anni della raggiunta unità come uno dei maggiori protagonisti del governo e, in seguito, condusse con prudenza e costanza, attraverso anatemi, incomprensioni interne e difficoltà internazionali, l'aspra contesa con il Vaticano per dare stabilità al possesso di Roma quale capitale italiana.