La storia della mafia siciliana si può raccontare attraverso gli atti giudiziari riguardanti l'iter di alcuni processi dai quali emerge l'esistenza di stretti rapporti tra mafia e politica. Il primo di questi processi, celebrato per legittima suspicione nel tribunale di Cosenza anziché in quello di Palermo, vede alla sbarra alla fine degli anni quaranta Calogero Vizzini, il capo assoluto della mafia siciliana alla caduta del fascismo. Il boss, insignito della croce di cavaliere della Repubblica per la collaborazione data agli angloamericani durante lo sbarco in Sicilia del 1943, se la cava senza fare nemmeno un giorno di carcere per i gravi fatti di Villalba del 16 settembre 1944, dove, durante un comizio del segretario regionale del PCI siciliano Girolamo Li Causi, per puro caso non avviene una strage. I successivi processi riguardano il senatore a vita Giulio Andreotti salvato, al termine di un lungo e travagliato iter giudiziario, dalla prescrizione del reato; l'ex capo della squadra mobile di Palermo Bruno Contrada condannato con sentenza definitiva a dieci anni di reclusione; il senatore Marcello Dell'Utri, strettissimo collaboratore dell'attuale presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, condannato in primo grado a nove anni; l'ex presidente della Regione Sicilia e attuale senatore dell'UDC Salvatore Cuffaro, detto Totò, condannato in primo grado a cinque anni. Sia per Dell'Utri che per Cuffaro è in dirittura d'arrivo la sentenza d'appello.