Il Lumen luminum ad Fredericum Imperatorem, attribuito a Frate Elia, è una rielaborazione originale del più noto Lumen luminum di Abu Bakr Muhammad ibn Zakariyya al-Razi, conosciuto nel Medioevo con il nome di Rasis, autore di origine persiana del X secolo, o di Aristotele secondo altri manoscritti, attribuzione per altro poco verosimile. Gli scritti attribuibili a Frate Elia con relativa certezza sono quelli concernenti la guida dell'Ordine; molto più numerosi i testi di natura alchemica che dal '400 fino al '700 ci sono giunti con il suo nome, sui quali non sono mai stati condotti studi filologici che possano confermare o meno la tradizione che li ritiene opere di sua mano. Se questo fosse confermato, allora sarebbe possibile vedere in lui il fondatore o comunque il capostipite di una vera e propria schola alchemica francescana operante nel Convento di Assisi della quale furono partecipi alchimisti come Bonaventura d'Iseo (Liber compostille), Paolo di Taranto (Theorica et practica), Raimondo Gaufredi (De leone viridi) e Giovanni da Rupescissa (De quinta essentia). Il trattato è un testo di Alchimia spagirica in forma di «ricettario», molto differente dalle opere attribuite a Frate Elia, nelle quali è possibile individuare precise indicazioni di Alchimia sapienziale in linea con quelle di autori coevi, in particolare dei suoi confratelli alchimisti. Proprio per questa insolita particolarità si potrebbe presumere che esso sia stato scritto per rendere omaggio a Federico II, di cui è noto l'inesauribile desiderio di conoscenza di tutte le arti note al suo tempo, il grande Imperatore che fu definito dai suoi contemporanei lo stupor mundi non solo per motivi politici ma anche per aver organizzato la sua corte come un centro di cultura e di studio di alto rilievo, superando i limiti di razza e di religione propri dell'epoca medievale (e non solo medievale...). Inoltre la data di questo manoscritto, inizio del sec. XVII, pone un interrogativo: come mai il nome di un frate scomparso alla metà del '200 era ancora adoperato dopo quattro secoli per dare una patente di autorevolezza a un testo alchemico? Forse Elia non era estraneo, come alcuni vorrebbero, alla conoscenza e alla pratica dell'Alchimia ma era ben conosciuto nell'ambiente alchemico per le sue opere, che per motivi diversi non sono giunte fino a noi nei codici a lui contemporanei.