"Non diremo che l’età nostra sia proprio fatta per Lorenzo Lotto, non ancor riconosciuto, come dovrebbe, uno dei massimi fra i pittori italiani e anche non italiani: ma essa è di gran lunga la più propizia, almeno in sede di esegesi, alla rivalutazione di quel che egli fu ed è, tuttora, per la pittura: rivalutazione condizionata da un distacco, niente affatto irriverente d’altronde, né freddo, dalle norme prevalenti nel tempo che gli toccò di vivere. Norme che presero il nome di Giorgione, di Tiziano, di Raffaello, di Michelangelo: caduti, dopo il consenso e l’esaltazione portentosi di cui godettero da vivi, in mano a preromantici e romantici che ne fecero quei miti che ognun sa."
Lorenzo Lotto, veneziano, fu uno dei protagonisti della pittura italiana del Cinquecento. Il suo carattere schivo e il suo stile personale, lontano dall’ufficialità, lo portarono a lavorare in centri marginali, soprattutto a Bergamo e nelle Marche. Le pagine di Anna Banti, pubblicate per la prima volta nel 1953, hanno contribuito in modo decisivo a riscoprire la sua figura.
Anna Banti, pseudonimo di Lucia Lopresti (1895-1985), è stata una scrittrice e storica dell’arte italiana. Moglie di Roberto Longhi, collaborò alla nascita della rivista Paragone e ne diresse fino alla morte la sezione letteraria. Fra i suoi romanzi ricordiamo Artemisia (1947), che rievoca la vita della pittrice seicentesca Artemisia Gentileschi e Noi credevamo (1967), basato sui ricordi del nonno mazziniano, da cui Mario Martone ha tratto la sceneggiatura dell’omonimo film (2010).
