La sera del 17 novembre 1839 La Scala alzava il sipario sull'opera di un giovane compositore venuto dalla provincia parmense; Oberto, conte di San Bonifacio ne era il titolo, un certo Giuseppe Verdi il compositore, Temistocle Solera il poeta; ma ulteriori dettagli non erano dati a conoscere. Ancora oggi, a distanza di oltre 150 anni, sappiamo poco sull'origine del libretto, pochissimo della vicenda che ha portato il maestro a metterlo in musica, quasi nulla delle prove, e sulla prima abbiamo poche recensioni e assai contraddittorie. Non va meglio circa il ruolo svolto da alcuni noti personaggi dell'ambiente teatrale del tempo: Bartolomeo Merelli, per esempio, impresario di professione ed ex poetante, e Pietro Massini, che tanto sbriga per portare l'opera sulle scene. I librettisti, poi. I versi di Oberto recano la firma di Temistocle Solera, ma a ben guardare un altro nome lo aveva preceduto: si tratta di un poeta per diletto, cancelliere presso il Tribunale di Milano, amante del romanzo storico e autore di quella storia che rivendicava espressamente come sua: Lord Hamilton, di Antonio Piazza. E quei titoli?: Lord Hamilton, Rochester, Oberto, che appaiono e scompaiono nella corrispondenza del maestro e mutano con il mutare in partitura dei nomi dei personaggi, i quali vengono sostituiti all'ultimo minuto con un tratto di penna. L'indagine su questo primo periodo della carriera artistica di Giuseppe Verdi è tanto problematica per musicologi e biografi da fare affermare a qualche studioso che in mancanza di dati certi anche le leggende possono andare bene. Noi abbiamo provato a fare di meglio, e partendo dal confronto delle fonti documentali abbiamo dato una plausibile ricostruzione sulla nascita di questa prima, travagliata e ancora poco conosciuta opera, che per tutti gli appassionati, e in barba a qualunque ricerca e prova di paternità, rievoca solo un nome: quello di Giuseppe Verdi.