È risaputo che, se leggendo una lettera, sembra di udire la voce della mano che l'ha scritta, allora vuol dire che è ben fatta. Sospese in un tempo indefinito, G. affida ad ogni pagina le vive memorie di un amore finito e di un malessere che sembra avidamente consumarlo. Dopo ogni lettera, non è più colui che era ma solo chi descrisse, e ogni ora scandisce il giungere a un appuntamento a cui nessuno può sottrarsi. Un particolare interlocutore s'insinua tra le pagine e, insidioso, tenta di interrompere il flusso a cui G. si abbandona per poi arrivare all'apice di una metamorfosi annunciata. Elaborata la fine, della relazione e di ciò che era, contempla la cognizione tanto attesa attraverso il Dolore che, al pari di un antieroe, percepisce la distorta e alterata visione di un concetto non più assoluto. Evocarlo, cercarlo e accoglierlo, si rivelerà per G. l'unica chiave di salvezza. Giuseppe Sanò affida al romanzo epistolare il suo esordio, volendo giungere intimamente al lettore come a un interlocutore amico e fidato, sigillando con lui l'inizio di una relazione fatta di memorie ed emozioni condivise. In fondo, ogni lettera, una volta spedita, finisce di essere mia, diventa tua.