Fra storia e immaginario letterario e linguistico, nel territorio dai confini fluidi dove l'antropologia incontra gli spazi mitico-teologici delle grandi costruzioni religiose monoteiste, Roberto Finzi torna su uno degli archetipi del "pregiudizio": l'accusa di deicidio mossa al popolo ebraico sulla base della scelta di parte degli abitanti di Gerusalemme interrogati da Pilato. «Volete libero il Nazareno o Barabba?». «Liberaci Barabba!». L'inchiesta è maneggiata con la raffinatezza già sperimentata nella precedente "quadrilogia del pregiudizio", avviata sulla questione ebraica e sviluppata intorno alla questione femminile e alle costruzioni simboliche che diffamano l'"Onesto porco" e l'"Asino caro." Dalla conoscenza profonda di un arco temporale di fonti bi millenario articolate in una sapienza narrativa dotata di lieve patina ironica emerge il paradosso della figura ambigua e storicamente «ectoplasmatica» di Barabba: frutto di un «sottile progetto politico» d'insubordinazione antiromana? Segno della volontà deicida degli ebrei? Oppure, nella trafila linguistica che ne ricongiunge il nome ai barabba milanesi in rivolta nel 1853, colui che alla fine ha vendicato la crocifissione di Gesù? Introduzione di Francesco Magris.