L'autore, traducendo dal latino il libro dell'Apocalisse, dopo un analogo esperimento già fatto col Vangelo di S. Marco, ha voluto conseguire un duplice obiettivo: 1) allargare il campo dei lettori del Testo Sacro, facendo affidamento anche sull'effetto-novità della lingua usata e 2) continuare a dimostrare che la lingua napoletana è capace di sostenere contenuti di alto livello spirituale e letterario e non è un semplice "dialetto" destinato ad una progressiva estinzione. La prima conferma della sostanziale riuscita di tale impresa è data dall'apprezzamento di sua eminenza il cardinale Sepe, che la motiva ampiamente nella sua prefazione.