La condizione della "non vita dei sentimenti inespressi e pudici che per grazia ricevuta trovano forma nelle lettere" esprime l'aspetto profondo e sfumato della narrativa e invita a riflettere sul ruolo dello scrittore nel creare un'opera che trascenda la mera esposizione di fatti. Massimiliano Ferrante, con una prosa densa, articolata e raffinata si immerge in concetti come la sospensione, l'attesa e il dialogo interiore dell'uomo di fronte all'opera d'arte. La sua scrittura è intrisa di una certa poeticità, nel modo in cui gioca con le parole e con i loro significati, portando il lettore a considerare la letteratura non solo come intrattenimento, ma anche come espediente per esplorare le complessità delle emozioni umane. L'analisi sulla diffidenza che spesso accompagna la fruizione delle opere letterarie è particolarmente interessante. L'autore sottolinea come il lettore, in un primo momento, possa sentirsi distaccato o scettico nei confronti di ciò che legge, per poi, una volta superato questo scoglio, scoprire la ricchezza dei significati nascosti nel testo. Questo invito a una lettura più profonda suona quasi come un incoraggiamento a lasciarsi andare, abbandonandosi all'esperienza letteraria. La riflessione su "quello che le persone non vogliono dire o affermare" aggiunge una dimensione di introspezione, suggerendo che la letteratura può fungere da specchio delle nostre paure, desideri e pensieri inconfessati. "Lettere e numeri primi", di Massimiliano Ferrante, ermetico e suadente.