Eredi confessi della tradizione illuminista, Italo Calvino, Primo Levi e Carlo Emilio Gadda affidano alla letteratura il compito di proseguire l'istanza conoscitiva che è propria delle scienze, lo sforzo continuato di mettere in ordine il caos del mondo. L'ideale di una "letteratura come filosofia naturale", secondo la formula di Calvino, aspira a rinnovare la "vocazione cosmologica" della nostra tradizione che, da Dante a Leopardi, passando per Galilei, aspira a fare dell'opera una "mappa del mondo e dello scibile". Alla letteratura spetta la fatica "ermetica" di tessere i diversi saperi, con l'obiettivo di offrire una visione integrata della realtà che ci consegni almeno i frammenti di un'enciclopedia. Critici delle suggestioni idealistiche e spiritualistiche, Calvino, Gadda e Levi adottano uno "sguardo naturalistico" nell'osservare l'avventura umana, come attesta in modo esemplare la prospettiva "etologica" che Levi assume di fronte alla condizione bestiale del Lager. La lezione di Darwin impone di includere la storia degli uomini nei tempi lunghi della "memoria del mondo", nel contesto dell'evoluzione del vivente e della materia. È nelle pagine di questi scrittori che, in anticipo su di una filosofia attardata dall'eredità storicista, si delineano nel Novecento le forme di una "filosofia naturale" post-umanista.