“La genialità di Leonardo, così come il ruolo di apripista di Jobs, non è una grazia ricevuta, ma frutto di una curiosità spasmodica”.
Era la passione per il progetto a guidare entrambi, Leonardo da Vinci e Steve Jobs, in campi di sapere distanti e costantemente diversi. L’interdisciplinarietà è centrale in loro, come in ogni buon designer.
Perché Leonardo è stato anche questo, oltre che artista, ingegnere, architetto, stilista, orafo, botanico, cosmetologo, scienziato, animalista. Leonardo è stato designer per la sua metodologia creativa, per la vastità della sua produzione, per il suo eclettismo, la costante attenzione alla funzionalità, la capacità di innovare.
Il saggio di Cristina Morozzi e Massimo Temporelli costruisce un dialogo tra passato e presente assolutamente visionario e per questo proiettato al futuro. La Bottega del Verrocchio e lo studio di Giò Ponti, la curiosità di Steve Jobs e il lavoro dei giovani creativi chiamati a reinterpretare il cavallo leonardesco, contemporanei homini faber . Esiste un modo di pensare da designer, e Leonardo lo possedeva e lo applicava nella sua capacità di ragionare con estrema concretezza. “Il design riguarda il futuro possibile”.
Leonardo aveva la capacità di esplorare i problemi trovando soluzioni innovative ma soprattutto performanti, esprimendo un ruolo sociale che ibridava arte a tecnologia. La sua capacità di inventare strumenti per ottimizzare il lavoro manuale si declina in ogni campo, anche in ambito bellico, dove si fondono reale e fantastico a dar vita a macchine stupefacenti.
Straordinaria la lettera del 1482 che Leonardo scrive a Ludovico il Moro elencando le capacità e le aree di applicazione, un esempio brillante di curriculum vitae che pone in testa le armi, e in coda le opere artistiche, rivelando la capacità di adattamento di Leonardo, e la sua intelligenza sociale nel proporsi al duca.
Leonardo designer dunque, perché è lì il fulcro della cultura e del pensiero: il design è “attitudine, riguarda il modo di porsi rispetto alle realtà circostante, la capacità di osservare e di guardare”. Il dialogo di Morozzi e Temporelli viaggia tra Leonardo e le generazioni di designer, cogliendo i fili di unione che esprimono comuni anime di sperimentatori dotati di tre cose fondamentali e caratterizzanti: curiosità, sperimentazione e spregiudicatezza.
Emerge una figura di Leonardo molto contemporanea, uomo colto, curato nel vestire, vegetariano e ateo, mosso da curiosità bulimica e contagiosa che lo guidava nelle speculazioni più astratte così come nelle soluzioni più ardite. E il contagio arriva fino a noi con un messaggio vivo e prezioso quanto evocativo è stato il Think different di Apple.
“Per me Leonardo è soprattutto innovazione, un magnifico portabandiera per tutti quegli eclettici, per tutti quei pensatori che, osando, hanno scoperto e scoprono l’ignoto, il futuro” (Massimo Temporelli).
Recensione di Francesca Cingoli