Poco più che fanciullo fui costretto a lasciare la mia casa natale ed il mio Eden per andare a vivere nella "civiltà". Con queste parole Fulcio Bortot apre un'opera che rielabora una memoria personale legata alla vita e al modo di penare dei contadini bellunesi. La sua generazione, che ha vissuto gli anni '50 del secolo scorso, è stata l'ultima testimone di una cultura e un'organizzazione sociale che sono poi state spazzate via dall'arrivo di un nuovo modello economico e sociale. Attraverso dolci memorie e lucide analisi, l'autore riporta alla luce uni spaccato prezioso in cui storia, quotidianità, cultura e paesaggio si mescolano offrendo un colorato ventaglio di spunti di riflessione personale e collettiva.