Nata in una famiglia rom khorakhané del Kosovo nei primi anni Sessanta, Suzana racconta la sua infanzia dolce e disagiata; la durezza della vita da giovane sposa in un contesto virilocale; le vicissitudini di immigrata in Croazia, dove inizia a praticare l'attività di guaritrice ereditata dalla madre; la fuga dalla guerra assieme a marito e figli verso un campo rom di Bologna; le azioni di solidarietà data e ricevuta; l'esperienza lavorativa di addetta alle pulizie e, infine, le circostanze della sua dolorosa decisione di lasciare l'amata Italia per trasferirsi in Francia come richiedente asilo politico. Ogni "vita daccapo" è segnata dal raggiungimento di un punto di saturazione in cui un evento fa da catalizzatore alla necessità di partire e ogni "daccapo" comporta anche una diversa autorappresentazione all'esterno. Con toni a volte mitici, tragici oppure ironici Suzana parla di eventi e visioni del mondo che indicano strategie di resilienza, personali e delle sue "genti", in opposizione a discriminazioni incrociate. Il racconto è stato sostenuto e integrato dai parenti di Suzana, i quali hanno offerto spontaneamente alla ricercatrice Milli Ruggiero esperienze concrete.