Nel settembre 1938 l'espulsione repentina degli ebrei dal settore scolastico italiano, attuata con esattezza burocratica dal sistema educativo nazionale, venne accolta con incredulità e sgomento dalle vittime. Dopo decenni di educazione a una adesione sincera alla patria e di fedeltà alla casa regnante, gli ebrei si videro esclusi dalla vita civile sulla base di un pretestuoso conflitto di "razze". Le comunità ebraiche, superato lo smarrimento iniziale, misero in campo tutte le risorse, organizzandosi in poche settimane. Avviarono scuole efficienti e funzionali, ove possibile alternative, considerandole una priorità assoluta per assicurare ai singoli e al gruppo un futuro. Nell'indifferenza della maggior parte degli italiani, docenti e alunni delle diverse comunità ebraiche - le cui vicissitudini sono narrate città per città - reagirono pedagogicamente alla marginalizzazione e al modello educativo imperante. Il testo offre al lettore uno sguardo d'insieme sulle scuole ebraiche comunitarie e sulle sezioni israelitiche statali in Italia fra il 1938 e il 1943. È il racconto di un percorso che, sebbene normato e vigilato dalle autorità, fu sorprendente per rapidità ed esiti.