Cecilia è una ragazzina che vive sulle sponde del Ticino, tra Piemonte e Lombardia; è il 1942, in campagna la mancanza di cibo non è drammatica come nelle città "ma non basta avere il cibo per essere contenti". Cecilia ha perso suo padre, morto combattendo sul fronte; vive con la mamma, la nonna e gli zii in un mondo ovattato fatto di giochi sulle rive del fiume, di polenta fumante, di scuola e chiesa. L'arrivo di Matteo però - un fuggiasco riuscito a scappare dai campi di concentramento della Slovenia - le aprirà gli occhi e desterà in lei un forte desiderio di comprendere la realtà e la certezza che "non c'è una guerra giusta". La storia di Yamina, invece, si svolge a Beirut, nel luglio 2006, in pieno conflitto libano-israeliano; il destino ha fissato anche per lei un appuntamento importante, in cui una linea partita da lontano sembra trovare il suo approdo. In entrambe le vicende si alza forte il grido di denuncia dell'assurdità della guerra, del mettere uomo contro uomo, popolo contro popolo quando le aspirazioni, le gioie, i dolori di tutti trovano la loro unica ragione nell'universale, identica, condizione umana.