Schopenhauer nel 1819 ha raccontato, in un Curriculum vitae inviato alla facoltà di filosofia dell'Università di Berlino, la genesi dei suoi studi sulla vista e i colori, che si intreccia strettamente con la storia del suo rapporto con Goethe. (...) «dopo aver letto qua e là il mio lavoro (Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente) » racconta Schopenhauer «si rivolse a me di sua iniziativa, e mi chiese se volevo studiare la sua teoria dei colori, promettendo di assistermi con tutte le spiegazioni e gli strumenti necessari». Goethe e Schopenhauer si incontrarono, così, diverse volte per tutto l'inverno 1813-14, finché, trasferitosi a Dresda nel maggio 1814 e proseguite per conto proprio le ricerche, Schopenhauer portò a termine il suo lavoro, La vista e i colori, e, nel luglio 1815, lo inviò a Goethe. Il carteggio con Goethe, pubblicato nel presente volume, fornisce al lettore la storia completa degli inutili tentativi fatti da Schopenhauer per indurre Goethe a tenere a battesimo la sua «creatura ». I motivi di dissenso sulla questione particolare dei colori avevano, forse, radici più profonde di quelle che potevano apparire al giovane Schopenhauer, e Goethe, che altrimenti aveva divinato la genialità e anche la sorte del suo «infedele» discepolo, non poté sottovalutarli. (...) Le aspettative che Schopenhauer aveva nutrito sugli effetti rivoluzionari della sua opera (pubblicata nel 1816), che avrebbe dovuto liquidare definitivamente il secolare «errore di Newton», furono deluse: fu questa la prima, e forse la minore, di una lunga serie di delusioni, durata per circa quarant'anni, che coinvolse tutta la produzione filosofica schopenhaueriana. (Dallo scritto di Mazzino Montinari)