«Voglio essere un animale asociale, poiché l'uomo è sempre solo: nasce, vive, muore solo». In questa dichiarazione Bernardo Trappolini, "campione del piagnisteo", racchiude la propria concezione della vita: con essa sancisce una netta presa di distanza dalla tradizione filosofica classica, che riconosceva nella dimensione sociale la natura profonda dell'essere umano. Di qui la scelta del protagonista di rifugiarsi nel proprio mondo interiore e di dedicarsi alla poesia, intesa come un incessante dialogo con se stessi nel tentativo, perlopiù vano, di cogliere i nessi causali che governano il reale e di comprendere il senso ultimo dell'esistenza individuale. Attraverso un intreccio di passato e presente, di ricordi ed episodi, ora lievi ora dolorosi, Bernardo ripercorre i momenti più significativi della propria vicenda personale, puntualmente caratterizzati dall'insorgere di un senso di vertigine, malessere psicofisico che affligge il poeta toscano ma, ancor di più, metafora del senso di precarietà e impotenza, di smarrimento e paura da cui si è pervasi dinanzi all'ignoto e all'apparente assenza di significato del vivere quotidiano.