La compressione dei tradizionali rimedi demolitori nell'impresa azionaria è il dato che, più di ogni altro, induce a volgere lo sguardo al problema della c.d. tutela risarcitoria dell'azionista, allo scopo di verificare entro quali limiti quest'ultimo possa ritenersi legittimato a pretendere in proprio il risarcimento del pregiudizio subito dalla partecipazione sociale per effetto di un illecito consumatosi nell'agire collettivo. Una tale indagine, che si colloca sulla linea di confine fra diritto della responsabilità civile e diritto azionario, impone di individuare l'effettivo fondamento, sotto il profilo dei valori tutelati, delle limitazioni che la disciplina della società per azioni pone alla pretese risarcitorie individuali del socio e, in particolare, del limite espresso dal concetto di "danno diretto" (art. 2395 ce). L'emersione degli effettivi interessi in gioco - che si celano dietro il riferimento formale al fenomeno dell'imputazione della pretesa risarcitoria non solo offre una prospettiva privilegiata per inquadrare i modelli di responsabilità "endosocietaria" che ammettano il risarcimento del "danno riflesso" in favore dell'azionista (artt. 2497 e 2377 ce), ma consente anche di accertare gli spazi entro cui possa ritenersi ammessa una tutela risarcitoria del valore della partecipazione sociale anche all'interno di un sistema fondato sul "danno diretto".