Opera di un anonimo autore eclettico vissuto tra il I e il II secolo d. C., scritta in una lingua così semplice da guadagnarle il titolo di "classico" nell'insegnamento del greco dal Rinascimento fino a tutto l'Ottocento, la Tavola di Cebete segue gli itinerari dell'uomo virtuoso nella vita, dacché nasce fino al conseguimento della felicità, mostrando da un lato le fatiche di un'esistenza spesa alla ricerca della sapienza e della virtù, dall'altro i fallimenti e le disillusioni di coloro che si lasciano ammaliare dalla fortuna e dai vizi. Il nome di Cebete rimanda alla veneranda tradizione pitagorica, cui la Tavola non appartiene per contenuti, giacché la sua dottrina si inserisce pienamente nell'ambito della morale ellenistica, variamente influenzata dal platonismo, dal cinismo e dallo stoicismo. Tanto ammirata da umanisti del calibro del Giraldi e del Gronovio, e ricordata da Vico, Campanella e Leopardi, la Tavola di Cebete è caduta nell'oblio da quando l'interesse per la sua dottrina morale non ha più stimolato letterati e filosofi, insegnanti e studenti.