Ogni ricerca crea molteplici divenire. Ogni sguardo che indaga per chiarificare fa un taglio sul mondo, fa la talea. La vita rom è da sempre errante anche quando stanziale perché la nomadologia è filosofia, è antropologia, è politica. A partire dalla questione sulla legittimità di un'antropologia filosofica nel pensiero di Gilles Deleuze, l'autore si inoltra nel territorio plurimo della romologia intrecciando i riscontri antropologici della presenza "critica" dei rom alla militanza creativa della macchina da guerra deleuziana. Il quadro che ne scaturisce mostra un'indiscutibile vocazione libertaria della nomadologia orientata alla costruzione di un nuovo orizzonte del "comune"; ai bordi del potere, al cospetto di esso, i rom non cedono il passo, non abbassano lo sguardo, permangono resistendo. Così il costruttivismo della filosofia di Deleuze fa rizoma con l'antropologia tracciando una nuova carta geocritica del pianeta in un'epoca di sciagurate recrudescenze identitarie. L'urgenza dell'autore si situa al fondo di ogni emarginazione, a partire dalla potenza della donna fino al rom, attraversando ogni ghetto per abbatterlo, concatenando gli Altri come minoranza insorgente.