Questo libro costituisce per l'autore il consuntivo di una disfatta: una giaculatoria sulle sue infermità, una jacquerie intima e votata alla frustrazione contro le occasioni perse e non risarcibili e contro lo spreco in cui l'esistere si consuma. La poesia gli appare imparentata alla protesta: è grido animalesco, barbarico, contro quanto ci nega l'autenticità del vivere e ci esilia dall'essenziale; è recriminazione di fronte all'oscuro potere che ci costringe a esercizi di apnea in una palude, che uniforma i nostri gesti a pose di manichini, e che tenta, ancorché vanamente, di cancellare il ricordo del mare sepolto sui fondali della nostra pelle.