"In guerra si tratta di uccidere": queste parole apparentemente ovvie di Elias Canetti sono forse le più oneste e risolutive mai dette sull'argomento. Di questo tema - nel senso musicale del termine - il libro presenta una serie di variazioni, senza aggiungervi nulla e senza illudersi di poterne dare uno sviluppo conclusivo. Si è voluto fermamente evitare la banalizzazione moralistica: siamo cattivi, violenti, portatori di "aggressività", siamo manipolati e ingannati dal potere. Così non riusciamo più a vedere quello che c'è di follemente e assurdamente grande nella guerra. La guerra è l'enorme illusione di poter vincere la morte, di poterla uccidere. E quest'illusione rende forse più di ogni altra la misura tragica e abissale della condizione umana.