Dodici parole che ricorrono con frequenza nel discorso pubblico costituiscono altrettante voci di questo piccolo dizionario critico del lessico politico e mediatico di un tempo di crisi. Ogni definizione scava nell'origine della parola, ne traccia l'evoluzione, mette in evidenza l'uso contingente al quale è approdata. Ogni parola incorpora una descrizione dell'Italia odierna, talvolta del mondo contemporaneo. Tutte alludono ad un mondo il cui orizzonte di senso è quello di una globalizzazione intesa quale dominio definitivo del fatto economico sul fatto politico. Ecco allora la bizzarria di un "futuro" di cui i giovani disporrebbero meno dei vecchi; o l'ossessione del "rischio" in una società che ha largamente soddisfatto i bisogni primari e da tempo esternalizzato il ricorso alla guerra. Sono parole che talvolta incorporano una diagnosi - il "contratto" come elemento definitorio dello status sociale e delle relazioni umane - più spesso una terapia: il "multiculturalismo" legale come soluzione alle relazioni di dominio o alle barriere imposte alla naturale mobilità umana; il "welfare locale" come virtuoso rimedio allo smantellamento del welfare senza aggettivi; la "formazione" più o meno permanente come onere aggiuntivo ammantato da beneficio di una forza-lavoro solo formalmente libera; la "governance" come formula magica che toglie al politico responsabilità e poteri. Prefazione di Nadia Urbinati.