«Questa casta o classe - che sarà meglio detto - vero pandemonio del secolo; personificazione della follia che sta fuori dai manicomi; serbatoio del disordine, della imprevidenza, dello spirito di rivolta e di opposizione a tutti gli ordini stabiliti; - io l'ho chiamata appunto la Scapigliatura.» Il romanzo si sviluppa entro un breve arco di tempo e raggiunge l'acme nei quattro giorni dell'abortita rivolta milanese del 3-6 febbraio 1853, di matrice mazziniana. Due trame vi si intrecciano essenzialmente: una politico-sociale sull'onda degli ideali di rivoluzione inneggianti alla rivolta, all'opposizione all'Austria, e impregnata di volontarismo generoso e di utopie ribellistiche; e un'altra, più propriamente «narrativa», che riecheggia persino il romanzo noir dell'epoca, ma non tralascia gli spunti umoristici, il «colore locale», certe caratteristiche tipiche del romanzo d'appendice. Entrambe ruotano intorno a Emilio, personaggio un po' foscoliano, ma che ha qualcosa anche dei protagonisti di Eugène Sue, e che è il portavoce disperato e deluso di una generazione che, dopo di lui, si chiamerà per sempre degli scapigliati.