Parole e "cose" sembrano animarsi solo nei rispettivi universi, in un reciproco isolamento che estromette lo stesso individuo che le pratica. L'educazione civica è ormai una lingua antica. L'"altro" non è più un'abitudine della convivenza, cieca ormai al limite umano. Sempre più il pensiero critico è al margine perché poco si cerca l'autenticità e molto l'approvazione. Questo humus culturale prepara forme di totalitarismi sottili che penetrano nelle soggettività delle persone, le quali, ignare delle regole democratiche, sono rese consenzienti a svolte autoritarie. Solo la resistenza del silenzio può arginarle, recuperando la consapevolezza dell'esistere. È un silenzio a due dimensioni. Una, più personale, può incontrare anche la propria spiritualità, l'altra può essere un atto politico, muta denuncia di una condizione d'insopportabilità che nella storia ha molti testimoni (dalla devotio privata ugonotta del XVIII secolo alle "catene del silenzio" di Alessandria d'Egitto...).