Questo libro sulla religione di Valerio Massimo contribuisce a definire una visione equilibrata e completa della religione dei Romani, contribuendo a rimuovere la considerazione della religione romana come un complesso di pratiche non coinvolgenti la moralità dell'uomo, le dinamiche psico- spirituali del suo animo, in cui tutta la pietà religiosa si sarebbe risolta in un'oggettiva, quanto formale, esecuzione di riti. In questa linea, già criticata e ampiamente revisionata durante tutta la seconda parte del Novecento e, in particolare, in questi ultimi decenni, l'autore evidenzia molto bene, indagando accuratamente le scritture di Valerio Massimo, "il rispetto del testo di Valerio nei confronti degli dèi e della religione tradizionale" è cruciale e la religione secondo Valerio è strettamente dipendente dallo stato virtuoso dell'animo, dalla "sacralità della condotta morale", dunque dalla disposizione interiore che la persona religiosa presenta nei confronti del divino. "Valerio Massimo è un vero credente. Gli dèi tradizionali di Roma vivono, intervengono in questo mondo, sono potenti, desiderano un comportamento morale." Ne risulta un quadro complesso in cui si evidenzia che la condotta religiosa è fondata sul culto delle virtù, l'uomo romano diviene virtuoso e dunque capace di osservare i suoi uffici civili, le leggi divine e le pratiche dei sacra, in un quadro armonico di tutta la condotta che ci mostra quale fosse la completezza della religione vissuta dall'uomo pio.