Il contrastante territorio del Friuli Venezia Giulia è l'oggetto del racconto di Nicola Toffolini che ha scelto l'acqua come filo conduttore per delineare confini e percorsi della sua regione: attraverso questo elemento plasmabile e plasmante si compone un paesaggio continuamente trasformato da vicende naturali e antropiche, nel tentativo di cogliere l'inafferrabile complessità del naturale, privata 'mappa mentale' che riflette il rapporto con il proprio ambiente. Ad attrarre Toffolini sono le poderose architetture legate alle utopie del modernismo: questo terribile che affascina è restituito nei disegni, completati dagli interventi poetici dell'artista friulana Eva Geatti, che va oltre il segno visivo con una lirica dalla presenza fisica potente, evocativa e lunare. Le linee dei disegni tracciano orizzonti fragili e violenti, segnati dalle forme che l'acqua assume espandendosi nelle pianure friulane, riempiendo invasi, trasformando la terra anche quando diventa invisibile, inghiottita nelle cavità del Carso triestino. Il sublime che l'artista coglie in viadotti, torri piezometriche e dighe acquista nei 'paesaggi utopici' uno stato simbolico: giganteschi moloch si innestano nell'arido ambiente che li accoglie, proiettando l'ombra del presente su una sponda di futuro.