«La poesia di Cesare Pavese è una ferita aperta in Pierfranco Bruni poeta. Il loro incontro è un invito mai mancato. È come un appuntamento silenzioso e costante. L'anima poetica di Bruni, lascia le vesti del critico e indossa quelle algide e magmatiche di chi sente il "fuoco" prometeico della poesia. Ci sono capitoli in cui la voce di Pierfranco si confonde con quella di Cesare, senza mai sostituirsi a lui, ma calcando i ritmi di quel cuore e di quei versi scavati nei vissuti e librati nell'onirico e nel simbolico. Così "le parole attraversano il silenzio" e ricreano una tessitura, come ama dire Bruni nel suo poetare "... a volte capita che riavvolgi le ore / e ti trovi tra le mani il tempo. Incommensurabile (...) ritorna nel destino di luce / d'alba a rimuove ogni tramonto / lungo la via della profezia". Questa è la profezia del "bosco" poetico!» (dalla prefazione di Marilena Cavallo)