La regolazione istituzionale dei mercati granari, nata per garantire localmente la certezza degli approvvigionamenti in congiunture di scarsità, costituisce uno degli aspetti più comuni delle economie di Antico Regime. Pilastro di quel sistema ordinato al bonum commune che i philosophes dipinsero come ostacolo al libero commercio e alla "pubblica felicità", essa costituisce un terreno imprescindibile di riflessione sul complesso rapporto tra bene pubblico e logiche dello scambio, tra razionalità di governo e razionalità economiche. Il volume esplora, attraverso casi di studio relativi agli stati italiani preunitari tra Sei e Settecento, le configurazioni concrete di questo rapporto, la dialettica di interessi e poteri intorno alla regolazione dei mercati cerealicoli, l'evoluzione dei saperi e delle tecnologie di governo. Ne emerge una visione dei mercati al contempo come concrete articolazioni socio-spaziali e come costrutti politico-istituzionali.