«Quella di Prévert è stata, ed è ancora, la parola astuta e accattivante, sciolta, estrosa, un po' ribelle; colorita, distratta, ironica, sprecata... La parola che la gente aspetta, senza saperlo con chiarezza, di ascoltare. Ma per arrivare a pronunciarla occorre un talento speciale, un dono, una particolare forma di saggezza elementare che resiste alla base. E che lo rende consapevole - nel suo essere osservatore stravagante e umile del mondo, sempre aperto e capace di meraviglia - di quanto la pienezza vera del reale risieda nella contemporanea presenza, tra le cose, di sogno e mistero, di desiderio e oblio.» (Dall'Introduzione di Maurizio Cucchi)