Al crocevia tra la ricostruzione storico-documentaria e l'analisi evolutiva delle strutture retoriche, il libro propone uno studio della ricezione della prosa di Manzoni, e in particolare dei Promessi sposi, nella scuola italiana dell'Ottocento. Ne risulta un contributo che considera come il romanzo, successo editoriale già nella prima edizione, venga antologizzato nelle crestomazie, citato nelle grammatiche e nei compendi storici, fino a essere assunto nella programmazione ufficiale dai decreti ministeriali. Ricostruito il dibattito sull'opportunità di commentare I promessi sposi in classe, il libro percorre le tappe del processo attraverso cui la prosa manzoniana diviene reagente singolare nel canone retorico del secondo Ottocento: sui banchi dell'Italia finalmente unita lo studio delle varianti d'autore invita gli studenti a selezionare nella composizione la «parola propria», optando per una «dicitura» che, come quella del romanzo, rispecchi le cose e i concetti, sfrondata della retorica della tradizione. Con questo modello di stile, divenuto nei decenni pratica di scrittura, sono chiamate a confrontarsi generazioni di alunni, scriventi e scrittori del Novecento, pronti ad accogliere o a discutere, come fa Carlo Emilio Gadda, l'idea di sinonimo che su base manzoniana la scuola ha trasformato e adattato.