«Giunge a noi la voce di un poeta 'nuovo', e subito si eclissa: è quella di Antonio Andreoli, nome che suscita commossi ricordi, essendo lui figlio di quell'Andreoli che fu, molti anni fa, preside dell'amato liceo 'Romagnosi' a Parma, dove tanti di noi compirono gli studi con egregie guide. La lettura e rilettura (tale è il destino della poesia, quello di essere letta e riletta, per penetrare nei segreti della creazione) porta a considerare con piacere il tipo di versi che Andreoli ci propone, versi quasi sempre brevi, rime baciate, parole dell'uso, un colloquiare con il lettore, un proporsi schietto e immediato, che rivela spesso buone letture che si affacciano qua e là nei versi, e un buon ordine del pensiero e delle parole. In questa poesia che potremmo definire della riflessione, colpisce l'emergere di una concezione negativa del nascere e del vivere, cui si accompagna il ricorrere spesso del tema della morte. Non consolano sempre gli affetti, anche se talora (Amata!) l'affetto, trattenuto, emerge in un contesto familiare, ristretto sì, ma nello stesso tempo ricco e pieno di riferimenti colti (Catullo, per esempio). Figure del cuore si delineano con una complessità di riferimenti che si compongono in immagini di immediata freschezza: la figlia Carlotta 'Ha ciglie di brina/ e guarda di sottecchi/ con occhi ancor di culla.' (Carlotta e la neve)...» (Dalla Prefazione di Isa Guastalla)