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“Una nave faro non ha un'elica, non ha un motore, sul ponte di comando non c'è un timone; non può far altro che ondeggiare, un po' sconsolata, un animale che tira invano una catena.”
La Texel non naviga, non solca le onde, non attraversa i mari: la Texel sta, all’ancora, una luce nelle tenebre. La nave faro è un’attesa, un’immobilità. Sono le altre imbarcazioni a passarle accanto, sulle rotte che lei non percorre: è un faro galleggiante al largo delle coste, per garantire la sicurezza delle navi di passaggio,
un animale inerte incatenato, e la sua sirena muggisce nella notte.
A bordo, in una monotonia ritmata dal rumore del generatore diesel, i marinai della Texel vivono contando i giorni che li dividono dal Grande Cambio, quando arriva il fine turno, un occhio all’orizzonte ad aspettare “Il carceriere” che riporta loro a terra, e deposita a bordo un drappello di gente uguale, e avanti così, ogni quattro settimane. Nell’attesa, non c’è altro che mare, per uomini soli senza cielo, in prigione con se stessi.
La nave faro di Mathijs Deen è molto più di un racconto di mare: è un viaggio negli abissi della mente umana.
“Senza di noi, i veri abitanti del mare, che vivono in mare e vigilano, senza di noi la luce si spegne e qui diventa buio. Buio come può essere buia la notte, buio come l'inferno. Con i fuochi solo all'orizzonte.”
C’è un sentimento di malinconica inutilità a bordo, persone frustrate dall’isolamento e dalla sensazione di non essere veri marinai, fermi lì a spezzare il buio e la nebbia, in mansioni apparentemente superflue: fare misurazioni, fare la guardia, annotare tutto.
Al largo delle coste olandesi, la Texel vive di giornate prevedibili, nelle quali il tempo dilatato è scandito dai pasti: se ne occupa il cuoco Lammert, e la sua è una quotidianità programmata sugli orari della cucina. Gesti sempre uguali, anche per lui, finché un giorno decide di recuperare una vecchia ricetta indonesiana, lo stufato Gule Kambing. È così che Lammert porta a bordo un capretto, con l’idea di macellarlo e cucinarlo per i marinai.
L’arrivo a bordo dell’animale sconvolge il senso di normalità stagnante e smaschera la precarietà della convivenza della piccola comunità di marinai: è uno squilibrio che scatena emozioni diverse. Chi se ne prende cura, con l’obiettivo di proteggerlo dal coltello del cuoco, chi lo vede come un diavolo, un’ombra pericolosa portatrice di guai: i marinai Snoek e Boon, il mozzo Vonk sono i personaggi che ruotano attorno a Lammert in questo teatro dell’inquietudine, nel quale si risvegliano disagi e vecchi demoni.
Perché il capretto con la sua innocenza rappresenta il raggio di luce che entra nella cella della loro prigionia, interrompe il loro ciondolare senza senso, conquista il cuore e spaventa, finendo per incarnare un senso di libertà possibile, ma lontanissima. “Non dargli un nome” raccomanda il cuoco, consapevole che ogni vincolo rappresenta una minaccia e che il destino del capretto è finire nel piatto dei marinai.
«Quali sono le mansioni del capretto, chef? Che cosa significherà per noi?»
Quando i propri equilibri sono instabili, basta un piccolo cambiamento per far cadere il castello di carte della normalità: quando Lammert si ammala di malaria, e la cucina resta senza il suo responsabile, le ombre calano su questi uomini soli. E insieme alle ombre cala una nebbia profonda che amplifica nel silenzio buio ogni sentimento, e fa scatenare la tensione: insieme allo zampettare del capretto, risuonano le voci delle madri, i suoni del mare e della paura, e nel tempo paludoso della malattia Lammert si perde nei ricordi del suo traumatico passato. In questa atmosfera, ogni onda diventa nera, avvicinandosi, fino all’inevitabile rottura.
Intrappolati dentro se stessi e nella loro prigione dondolante, gli uomini della Texel si trovano di fronte a un simbolo di purezza che svela le loro colpe e le loro imperfezioni. Si è intrappolati nella sospensione e il capretto mette a nudo la rispettiva estraneità, la rivelazione che non si conosce nulla dell’altro.
La nave faro è una perla, un romanzo toccante e inquietante, una favola a tinte fosche che indugia nei sotterranei più bui dell’animo.
Scrittore e giornalista olandese autore di Per antiche strade, Mathijs Deen colpisce per la scrittura cristallina e l’atmosfera nebbiosa e irreale alla Joseph Conrad, dalla quale fa emergere lampi di poesia, dove cielo e mare si incontrano.
“14/06 h 21:00 4 ovest, onda 0,7
Cielo: tramonto, striscia d'oro sotto nuvole blu acciaio, strati alti senza nuvole.
Mare: fiammelle dorate su blu ardesia.”Il sito utilizza cookie ed altri strumenti di tracciamento che raccolgono informazioni dal dispositivo dell’utente. Oltre ai cookie tecnici ed analitici aggregati, strettamente necessari per il funzionamento di questo sito web, previo consenso dell’utente possono essere installati cookie di profilazione e marketing e cookie dei social media. Cliccando su “Accetto tutti i cookie” saranno attivate tutte le categorie di cookie. Per accettare solo deterninate categorie di cookie, cliccare invece su “Impostazioni cookie”. Chiudendo il banner o continuando a navigare saranno installati solo cookie tecnici. Per maggiori dettagli, consultare la Cookie Policy.